Pest “Discorsi di un tale che somiglia a te”
I modi di fare hiphop sono inimmaginabili, ma se gran parte della scena strizza l’occhio alla costa Ovest del Nuovo Mondo, c’è qualcuno, come in questo caso, che volge lo sguardo a Est, a New York, e anche a qualche anno indietro, rimandando suoni, colori e atmosfere che forse qualcuno si era dimenticato.
Questo disco è un discorso, nient’altro che una chiacchierata tra amici, con una birra in mano seduti su una panchina parlando di futuro, cambi generazionali, sogni, amore, incertezze e svaghi.
E’ intimista ma non autocelebrativo. E’ easy ma non banale.
Il funky new school e il calore del soul, nelle produzioni affidate ad Amon, Stoppa, Rubo, Rino, Ceri, Hugo e Michele Borlini, sono un marchio di fabbrica, cuore pulsante delle metriche dal vecchio amato sapore boom-up di Pest (codiadiuvato da Kiave, Franco Negrè, Dongocò, Zampa, Alessio Beltrami, Dj Nada, Anna, The Regime e la PS All stars )
Un blocco narrativo che fila liscio, traccia dopo traccia, lasciando trasparire una positività di fondo anche nei tratti malinconici. Nessun autocompiacimento nelle difficoltà.
Nota positiva (non di certo l’unica) da sottolineare più e più volte, almeno secondo chi scrive, è la metrica diversificata a seconda della chiusura delle rime ( ABAB-ABBA) che testimonia a titoloni l’accuratezza anche al più piccolo particolare di ogni traccia, oltre ad un innegabile talento.
In conclusione un album dal retrogusto di vecchia scuola, di Jam e di radici indimenticate e indimenticabili. Un album di storytelling, lontano anni luce dallo scimmiottamento del Gangsta Rap, dei bling bling, della droga, dei macchinoni e dei regolamenti di conti a suon di 44.
“Il rap si fa col mic, non con doppio click e invio.”
Lorenzo
Discorsi di un tale che somiglia a te
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